Il leone di Roccapina

By Debora Mauri Ott 14, 2016

Abbiamo scoperto Roccapina quasi per caso. Un giorno, stanchi di mare e spiaggia, decidiamo di visitare Sartena (Sartène). Percorrendo la Rn196, da Bonifacio diretti alla pittoresca cittadina medievale, la nostra vista viene attirata da una bizzarra configurazione rocciosa sulla sinistra.

La nostra curiosità ci spinge a fermarci e ad esplorare a piedi quell’arcipelago roccioso a che si trova di fronte a noi. Seguiamo il sentiero senza sapere dove ci stia portando, è un tuffo nella macchia còrsa, che a poco a poco ci porta a perdere i nostri punti di riferimento.

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La protagonista di quel breve percorso è la nostra immaginazione, la quale ci permette di dare un volto a quelle rocce popolate da animali inaspettati, per chi sa vederli. Oltre a un leone, c’è un falco, un rinoceronte, un elefante e un uccello e una capra che si scontravano!

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Il nostro spirito da veri esploratori ci fa presto notare una caratteristica comune a quelle rocce, una strana presenza di buchi di varie dimensioni, tanto precisi da sembrare scavati dagli esseri umani. Solo dopo, scopriremo che si tratta di un particolare fenomeno geologico, presente solo in questa regione del mondo, i taffoni.

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A casa di Roccapina

Dall’altra parte della strada, a fare da sfondo a quel leone, c’è una vecchia casa cantoniera ristrutturata, che oggi ospita un museo. Entriamo e prendiamo l’audioguida senza pensarci troppo, desideriamo conoscere di più su quell’universo improbabile abitato da tante leggende.

Roccapina si racconta attraverso la voce di una donna, quella di Jane, che esordisce con “Io sono la figlia del leone, conosco tutti i suoi segreti e i suoi misteri”. Jane racconta il tempo dei cantonieri, dei pastori, dei contadini e delle loro difficoltà in questa natura intricata e impenetrabile. Ascoltare Jane ci porta indietro al tempo dei carbonai, delle navi naufragate e dei tesori ancora sepolti.

Ci narra le leggende che hanno reso vive queste rocce, dove l’uomo preistorico ha incontrato il bandito còrso e il signore della guerra è diventato pietra, dove la natura e l’uomo hanno trovato un perfetto equilibrio in cui il granito, diventato taffonu, è poi diventato oriu.

Il museo è strutturato su diversi piani, nelle prima parte dei plastici e delle sculture spiegano chi abitava l’antica casa cantoniera. La casa cantoniera era un rifugio per i pastori transumanti e i viaggiatori, che si fermavano lì per mangiare o dormire. I cantonieri erano i responsabili della manutenzione della strada; il loro mestiere era molto faticoso perché la natura di questo luogo è molto impervia. Tra i cantonieri di Roccapina si ricorda Martin Cianfarani e suo figlio Matthieu che afferma che “quello del cantoniere non era un lavoro, bensì una fatica”.

La voce di Jane ci racconta di un famoso naufragio di una nave che trasportava doni preziosi per la regina d’Inghilterra da parte del raja d’India. Una cassa di diamanti non fu mai più trovata. Sarà sepolta nei fondali o finì tra le grinfie di qualche bandito che si nascondeva in zona?

La casa di Roccapina ospita inoltre una zona adibita alla proiezione di un film: “Amour et Vendetta”. Il film è stato ritrovato nel 1981 in una cantina di Sartène e poi restaurato su iniziativa della Cineteca della Corsica. Si tratta di un film muto, in bianco e nero risalente agli anni ’20, diretto da René Norbert. Racconta una storia d’amore drammatica tra uomini e donne che abitavano la macchia e fornisce una visione della vita contadina di quegli anni a Roccapina.

Il leone e i taffoni

Jane ci narra la leggenda che si cela dietro a quel leone. Un giorno, un uomo molto coraggioso si era innamorato di una donna bellissima, ma era crudele e spietato, così quella donna gli disse: “sei molto coraggioso, ma il tuo cuore è di pietra, leone di pietra tu sarai”.

Non c’è dubbio che questa spiegazione sia molto affascinante, tuttavia ne esiste un’altra non altrettanto magica, che spiega in modo essenziale e preciso la questione dei taffoni, e quindi del leone di Roccapina e di tutte le altre creature. La spiegazione è quella di un geologo, che chiarisce che il termine taffonu è un termine geologico che è stato preso dalla lingua còrsa per indicare questo fenomeno bizzarro delle rocce con i buchi.

A far nascere i taffoni è l’unione di 4 elementi: vento, acqua, sale e sole.
Bisogna tornare indietro nel tempo quando tutto era un enorme ammasso di granito, che si muoveva e si frantumava. Il vento trasportava l’acqua marina, che si infiltrava nelle rocce e con il passare del tempo scioglieva gli elementi teneri della roccia. Le faglie si spostavano e negli spazi si formavano piante. L’azione del vento e dell’acqua portava la sabbia e liberava le faglie tanto ingrandite che apparivano come palle impressionanti nelle quali le pietre restavano in equilibrio. L’acqua evaporava e il sole cristallizzava il sale che infine spaccava i diversi cristalli delle rocce.

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Il processo della taffonizzazione richiede non solo i 4 elementi, ma anche ritmi particolari. Infatti, è proprio il ritmo l’elemento distintivo che rende il fenomeno dei taffoni unico di questa regione del mondo. La taffonizzazione è iniziata moltissimi anni fa, infatti è molto probabile che gli uomini preistorici abbiano visto il leone e l’elefante come lo vediamo noi oggi. Chissà cosa pensavano che fosse!

Effettivamente, dopo questa spiegazione scientifica la leggenda perde la sua magia, ma possiamo ancora sognare perché, come suggerisce Jane, è come se la natura con i suoi 4 elementi si fosse messa d’accordo per regalarci questo paesaggio.

Sentiero dell’Oriu

Jane ci porta fuori dalla casa e ci accompagna nella visita del sentiero dell’Oriu. Si tratta di una passeggiata multisensoriale per farci conoscere e apprezzare il mondo dei taffoni della macchia. Jane ci invita ad immaginare quanti altri uomini avessero fatto quel cammino, e quanti pastori avessero trovato riparo nell’oriu, che non è altro che un taffonu adattato. Infatti, fin dall’antichità, gli uomini hanno utilizzato i taffoni come riparo, rendendolo un grande esempio di equilibrio riuscito tra uomo e natura. L’oriu di roccapina è stato ricostruito dal Conservatorio del Litorale. Entrare nell’orio è un momento intimo, in cui possiamo immaginarci il pastore che gode dei suoi rari momenti di riposo, che fa il formaggio nel calderone e ne approfitta per un po’ di ombra.

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L’ultima parte del nostro tour è dedicato alla scoperta degli odori e i profumi della macchia. Jane ci invita a godere di quello spettacolo olfattivo in cui risiede la vera essenza della macchia, sentiamo il finocchio, il lentisco e le bacche rosse. Ci consiglia di toccare con mano il tronco della quercia ed incollare il naso sugli arbusti per sentire meglio l’odore di corbezzolo e mirto. Quell’unione di colori e profumi che risvegliano tutti i sensi.

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Ascoltare Jane è un’esperienza unica, che ci guida in un viaggio nella natura misteriosa della terra dei taffoni, tra leggende e storia che testimoniano la presenza umana durante i secoli.

Abbiamo amato Roccapina come Jane l’ha amata e speriamo che il leone e tutte le misteriose creature possano sempre vegliare sul destino di questa valle rocciosa.

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Articolo di Debora Mauri, autrice del blog TravelMind.org – Foto dell’autrice. Alcune immagini sono tratte da: CorsicaViva.com e Vacanceo.com

Debora Mauri

Debora è una studentessa italiana di Psicologia con la passione del viaggio. Ama scoprire nuovi luoghi, ma soprattutto conoscere nuove culture e tradizioni. Ha conosciuto la Corsica durante un viaggio, che l'ha affascinata con le sue bellezze naturali ed incuriosita con la sua storia e la sua cultura.

By Debora Mauri

Debora è una studentessa italiana di Psicologia con la passione del viaggio. Ama scoprire nuovi luoghi, ma soprattutto conoscere nuove culture e tradizioni. Ha conosciuto la Corsica durante un viaggio, che l'ha affascinata con le sue bellezze naturali ed incuriosita con la sua storia e la sua cultura.

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One thought on “Il leone di Roccapina”
  1. bel racconto ma si vede che roccapina non l hai vissuta,,
    dal dentro dal camping per 30 anni intendo cmq grazie

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