La lingua còrsa riassume in sé le parlate locali di tutta l’Italia

Ci si domanda come mai le parlate che compongono la lingua còrsa sono spesso assimilate, sul piano fono-morfologico, sintattico e lessicale, alle varietà dialettali centromeridionali dell’Italia. Dove “dialettali” non ha accezione negativa ma indica semplicemente le lingue locali. La spiegazione può essere data attraverso le classificazioni dei dialetti italiani, tuttavia, non sempre tra loro concordanti, sebbene, tra quelle maggiormente attendibili, figuri la Carta dei dialetti d’Italia, realizzata da Giovan Battista Pellegrini nel 1977, in virtù di inchieste svolte sul campo, i cui dati sono confluiti nell’Atlante Italo-Svizzero, a cui si rifà, pur se con alcune modifiche, la carta approntata da Francesco Sabatini nel 1997:

carta-dialetti-sabatini-1997

Pellegrini ha, altresì, introdotto il concetto di italo-romanzo, riferendosi all’intero panorama dialettale della penisola italiana e delle isole ad essa adiacenti, che adottano quale lingua di cultura (lingua guida o lingua tetto) l’italiano.

Dal punto di vista dialettologico, è interessante la distinzione che lo stesso Pellegrini opera tra i dialetti settentrionali, in uso nelle aree collocate a nord di un’isoglossa definita ‘linea La Spezia-Rimini’ (una linea immaginaria che collega la città ligure con quella sulla costa adriatica settentrionale), il cui percorso si snoda dal versante tirrenico a quello adriatico, valicando l’Appennino tosco-emiliano, e i dialetti centromeridionali, parlati a sud di tale confine.

carta-dialetti-sabatini-1997

Proprio a quest’ultimo raggruppamento dialettale il Pellegrini ascrive i dialetti di Corsica (le varianti locali della lingua corsa) insieme ai dialetti toscani, parlati appunto in Toscana, ai dialetti mediani, il cui dominio riguarda, a sud della ‘linea Roma-Ancona’, le Marche centrali, l’Umbria, il Lazio ad Est del fiume Tevere e l’Abruzzo aquilano, mentre a nord della suddetta linea sono denominati «mediani di transizione», perché caratterizzati dall’assenza di alcuni tratti distintivi delle parlate di area mediana e dotati, di contro, di caratteristiche in comune con le varietà toscane, ai dialetti (alto)meridionali, la cui area di estensione comprende il meridione estremo delle Marche e del Lazio, buona parte dell’Abruzzo, nonché il Molise, la Campania, la Basilicata, la Puglia (tranne la penisola salentina) e la Calabria settentrionale e ai dialetti meridionali estremi, in uso nel Salento, nella Calabria centromeridionale e in Sicilia.

Tuttavia occorre, in proposito, evidenziare il fatto che le varietà dialettali còrse, riflettendo anche tratti linguistici in comune con i dialetti del Nord Italia (ad esempio, la lenizione o indebolimento tipicamente settentrionale di t etimologica in d, rilevabile in forme come pudemu ‘possiamo’, pescadore ‘pescatore’), pur gravitando, sostanzialmente, nell’orbita dei dialetti centromeridionali, si posizionano, come le varietà toscane, in un’area di confine compresa tra il mondo romanzo orientale, cui appartengono i dialetti mediani e meridionali, unitamente al rumeno, e quello romanzo occidentale, del quale sono partecipi i dialetti settentrionali, alcune caratteristiche dei quali accomunano questi ultimi a lingue come il francese, il provenzale, lo spagnolo, il portoghese, il catalano (cfr. D’Achille, P. 2016, L’italiano contemporaneo, Bologna, Il Mulino, pp. 16-17).

I dialetti còrsi, inoltre, secondo quanto riferisce nel merito Loporcaro (2009, Profilo linguistico dei dialetti italiani, p. 117), nel passaggio dall’inquadramento delle varietà toscane a quelle centromeridionali, trovano collocazione in base a diverse classificazioni, che hanno determinato vari apparentamenti: con la costellazione dialettale toscana, ad opera di Cortelazzo (1988, Ripartizione dialettale, LRL IV, pp. 445-453) e Tavaglini (1972, Le origini delle lingue neolatine, Bologna: Pàtron, p. 395), con quella del Centro-Meridione, da parte di Guarnerio (1902-05, Il sardo e il còrso in una nuova classificazione delle lingue romanze, AGI 16, pp. 491-516) o con la compagine dialettale sarda, per impulso di Lausberg (1976, Linguistica romanza, I, Fonetica, Milano, Feltrinelli, p. 78), tenendo conto di un dato inoppugnabile, la toscanizzazione, quale fenomeno comparso in età medievale e, tuttora, gradatamente più accentuato verso l’area di nord-est della Corsica e tale da far immaginare difficile qualsiasi netta demarcazione, secondo quanto hanno argomentato, in proposito, Nesi (1988, Korsisch: Interne Sprachgeschichte. Evoluzione del sistema grammaticale, LRL 4, pp. 801-802) e Dalbera-Stefanaggi (1991, Unité et diversité des parler corses. Le plan phonologique. Parenté génétique et affiné, Alessandria: Edizioni dell’Orso, pp. 310-322).

Partendo dalle caratteristiche fonetiche, è interessante rilevare che i dialetti còrsi si distinguono, ad esempio, dal toscano per l’innalzamento di –O finale in [u], evidente in esiti quali vagu ‘vado’, pilgu ‘piglio’, foku ‘fuoco’, cui si affianca la chiusura parallela di –E finale in [i], distintiva delle varietà meridionali dell’isola, che emerge da termini come mari ‘mare’, pani ‘pane’, sétti ‘sette’. Ciò fa intendere che il sistema vocalico atono (cioè non accentato), distintivo delle parlate còrse meridionali, presenta le medesime condizioni strutturali di quello dell’area contigua sassarese-gallurese, nonché del siciliano, a differenza dell’esito vocalico e in fine di parola, il cui uso resiste nei dialetti còrsi centrali e settentrionali.

A metà strada tra le concordanze col sardo, da un lato, e quelle col toscano, dall’altro, si posizionano isoglosse, che assimilano le varietà dialettali còrse ai dialetti dell’Italia centro-meridionale come l’abbassamento timbrico di [o] ad [a], ad esempio in aliva, l’occorrenza del betacismo, cioè dello sviluppo di [v] in [b], in forme come bègu ‘vedo’, cercu a bboi ‘cerco voi’, la ricorrenza dell’esito consonantico velare [g] in vagu ‘vado’, che ricorda il corrispondente tipo lessicale napoletano vakǝ/vagǝ, come anche del fenomeno della retroflessione, che trasforma –LL- in [ḑḑ], per esempio in una voce come kavaḑḑu, e che collega il còrso al Meridione italiano estremo e alla Sardegna.

Sul piano della morfologia, colpisce la formazione del futuro sintetico còrso, che mostra concordanze con le corrispondenti voci verbali riscontrabili nell’Italia meridionale, poiché si presenta, al pari di queste ultime, con la forma piena dell’ausiliare alla I persona, ad esempio manderagghju ‘manderò’, paragonabile al corrispondente tipo del napoletano letterario mandarraggio, nel quale, però, l’esito originario –AR- è mutato, nel còrso, in –ER-, coincidente, dunque, col fiorentino, come pure l’occorrenza del possessivo enclitico in forme quali mámmata ‘tua mamma’, fratèllemu ‘mio fratello’, rintracciabili anche nel napoletano, mammǝtǝ, fratǝmǝ.

Un’ulteriore concordanza tra le varietà còrse e i dialetti del Meridione italiano si riscontra, sul piano sintattico, nell’uso del complemento oggetto preceduto dalla preposizione semplice a (o ‘accusativo preposizionale’), in riferimento a persone, ad esempio cercu ad ellu/a bboi ‘cerco lui/voi’, bègu a gghjuvanni ‘vedo Giovanni’ (cfr. Dalbera-Stefanaggi M.-J. 1997, Corsica, in Maiden e Parry, pp. 303-310), che trova corrispondenza nei costrutti napoletani cercǝ a issǝ/a bbujǝ, bbekǝ a giuannǝ, ma che si usa, nel còrso, anche in relazione a nomi propri di città, per esempio connoscu a Parigi.

Un altro dato molto significativo, in proposito, è quello fornito da Olivier Durand (2003, La lingua còrsa, Brescia, Paideia, p. 39) in riferimento ad influssi linguistici derivanti dai contatti stabilitisi, nel corso della storia, tra Corsica e Meridione italiano: si tratta della presenza di alcuni prestiti lessicali, spesso adattati foneticamente al còrso, diffusi nelle città portuali dell’isola da pescatori campani e riscontrabili in forme quali accattà ‘comprare’ (ma nell’interno del territorio insulare cumprà), mùsculi ‘cozze’, caccià ‘togliere, tirar fuori’.

L’illustrazione poc’anzi effettuata di alcuni tratti fenomenologici del còrso, equivalenti a diverse caratteristiche fonetiche, morfologiche e sintattiche, rilevabili nei vari raggruppamenti dialettali di area italiana, ha consentito di comprendere che la Corsica rappresenta una realtà linguistica, che, quantunque sia al di fuori dei confini politici dell’Italia, per ironia della sorte, riassume in sé il variegato mondo italo-romanzo. Dal punto di vista linguistico, l’isola è come una penisola in miniatura, dove le diverse varianti della lingua polinomica còrsa hanno a volte tratti tipici del toscano, altre volte del sardo settentrionale, dei dialetti italiani meridionali, o addirittura di quelli dell’italia del nord.

I Corsi, dunque, anche quelli ormai definitivamente convertiti alla francesità, devono sapere che la fenomenologia linguistica che lega i dialetti còrsi a quelli italiani non può essere, per alcuna ragione, ritenuta casuale, poiché significherebbe negare la secolare partecipazione dell’isola al sistema culturale della regione geografica italiana e lo storico ruolo della lingua italiana come idioma di riferimento del còrso.  Questo, chiaramente, non ha niente a che vedere con implicazioni politiche, né vuole negare ciò che oggi il còrso è: una lingua che la sua comunità di parlanti vuole far crescere e mettere in grado di esprimere appieno il mondo moderno.

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Articolo di Giuseppe VITOLO – Immagine tratta da Viv-it.org

Giuseppe Vitolo

Linguista, ricercatore, esperto in dialettologia, ha scritto per Corsica Oggi diversi articoli sul ruolo della lingua italiana quale lingua della memoria in Corsica, ed esplorato ipotesi su possibili modi di favorire un suo ritorno nell'isola accanto al francese e alla lingua corsa.

By Giuseppe Vitolo

Linguista, ricercatore, esperto in dialettologia, ha scritto per Corsica Oggi diversi articoli sul ruolo della lingua italiana quale lingua della memoria in Corsica, ed esplorato ipotesi su possibili modi di favorire un suo ritorno nell'isola accanto al francese e alla lingua corsa.

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3 thoughts on “La lingua còrsa riassume in sé le parlate locali di tutta l’Italia”
  1. Bell’articolo che forse oggi appassiona più gli Italiani che gli stessi Corsi, purtroppo.

  2. Consiglierei i linguisti di soffermarsi a studiare molto di più le incredibili ed innumerevoli affinità tra il corso e i dialetti massese e carrarino parlato nei paesi a monte di Massa e Carrara. La massiccia emigrazione da entrambi i lati del mar Ligure (corsa verso l’alta Toscana, nostra verso la Corsica) e l’origine del substrato popolare di carrarini e massesi (schiavi importati dal Sannio dai Romani a lavorare le cave di marmo) spiegherà a mio parere molte affinità tra i due idiomi, oltre che scoprire moltissimi punti di contatto storico culturali

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