Turismo in Corsica, un approccio diverso per chi parla italiano


Ogni anno migliaia di turisti italiani e ticinesi visitano la Corsica. La quasi totalità di queste persone arriva nell’isola convinta di visitare una regione della Francia come un’altra, dove la cultura e la lingua sono semplicemente – e completamente – francesi.

Ignorano che la realtà è diversa. Ignorano l’esistenza stessa di una lingua còrsa, ed ignorano quanto sia simile a quella italiana. Cercano di sfoggiare il loro francese, per quanto arrugginito, e prestano la massima attenzione a pronunciare bene Bastià, Calvì e magari addirittura Ajaksiò.

Non si può fargliene una colpa: la guida “Corsica” di Lonely Planet, in italiano, riporta una cartina dell’isola tutta scritta in francese, con il Cap Corse, la Plaine Orientale, e così via. Un po’ meglio da questo punto di vista le guide RCS e Touring Club Italiano che almeno menzionano la lingua còrsa in un trafiletto.

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In sintesi la Corsica viene presentata come un’isola francese ricca di bella natura, bel mare, buoni salumi e formaggi, strade panoramiche per i motociclisti e campeggi per nudisti. Diciamo che è un’immagine a dir poco riduttiva. Ed è un gran peccato, soprattutto per gli italofoni, e gli italiani in particolare, la cui storia e la cui lingua sono così legate a quelle di Corsica.

Questo articolo vuole essere dunque un piccolo vademecum per il turista italofono in Corsica, informazioni, piccoli suggerimenti e spunti per provare un approccio diverso all’isola e agli isolani, vivere il turismo in Corsica in un modo nuovo, che può risultare un esperimento divertente e utile per entrambe le parti.

1. La Corsica ha una sua identità, forte e radicata

bandieratestadimoroLe bandiere o gli adesivi con le teste di moro e le scritte sui muri in una lingua che non è certo francese sono solo i segni più esteriori di un senso di appartenenza forte e radicato.

L’isola vive da tempo tensioni autonomiste e indipendentiste, che sono sfociate anche in atti terroristici nel passato recente. Presenta una realtà politica e sociale complessa e, se capita di affrontare certi temi con la popolazione locale, è bene farlo con la dovuta delicatezza e attenzione.

2. La Corsica non è mai stata italiana, ma non è semplicemente francese

L’isola non ha mai fatto parte dello Stato italiano. Politicamente è stata sotto il controllo di Pisa fino alla fine del 1200 e di Genova fino al 1768 quando passò in mani francesi, con in mezzo la parentesi breve ma importante della Repubblica Corsa fondata da Pasquale Paoli, “U babbu di a Patria”. Questa sua storia ha influenzato fortemente la cultura e la lingua dell’isola, dando un’impronta italica ancora oggi ben visibile. L’esercito dell’Italia fascista occupò l’isola durante la seconda guerra mondiale, scrivendo una brutta pagina di Storia e spingendo la maggior parte della popolazione a schierarsi apertamente a favore della Francia nella guerra contro l’Italia.

E’ importante distinguere dunque tra italianità in senso culturale e linguistico da significati invece politici.

3. Esiste una lingua còrsa

alinguahevivaSe notate delle scritte in una lingua che vi sembra quasi identica all’italiano, o a uno dei dialetti regionali d’Italia, ebbene siete alla presenza della lingua còrsa. Una lingua viva, anche se in difficoltà di fronte all’espansione del francese che la sta facendo arretrare anche nell’uso domestico. Una lingua che i còrsi vogliono mantenere viva, e che l’Assemblea di Corsica, organo di governo della regione, ha votato per rendere co-ufficiale, una volta sciolta la questione di incostituzionalità con la Costituzione francese. Esistono riviste, trasmissioni radio e tv e manifestazioni culturali in lingua còrsa.

4. Pronunciare i nomi delle città

cartellistradalibilinguiA nessuno verrebbe in mente di visitare Courmayeur in Valle d’Aosta e pronunciarla “co-ur-ma-iè-ur”. La si legge alla francese, perché è un toponimo francese di una città italiana. Allo stesso modo, i nomi delle città e delle località di Corsica non sono francesi, e nemmeno corsi. Sono toponimi italiani. Questo perchè il toscano, ossia il moderno italiano, è stata per secoli la lingua amministrativa dell’isola.
Quindi Bastia va pronunciata Bastìa, con l’accento sulla i, Càlvi con l’accento sulla a, e Ajaccio si pronuncia proprio Aiàccio, e così via. Gli stessi còrsi quando parlano francese pronunciano i nomi delle città nella forma originale, “francesizzando” solo Bastia e Ajaccio, le due città maggiori. Le eccezioni sono pochissime: L’Ile Rousse (Isola Rossa), Saint Florent (San Fiorenzo) e Sartène (Sartena) hanno visto la francesizzazione del toponimo originale. Ricordate quindi di pronunciare correttamente i nomi dei luoghi, ai Còrsi non può fare che piacere.

Per quanto riguarda invece i nomi còrsi, li troverete scritti sui cartelli stradali, generalmente sotto i nomi ufficiali. Su alcuni cartelli capita di vedere il nome ufficiale cancellato, da chi erroneamente lo crede un nome francese imposto sull’originale còrso.

5. Pronunciare i cognomi delle persone

Chi pensasse di fare un gran piacere al signor Colombani rivolgendosi a lui come monsieur Colombanì si troverebbe di fronte all’effetto opposto. I cognomi còrsi che vi suonano come italiani… beh possiamo dire che in effetti lo sono. E come tali vanno pronunciati. Anche se si sta parlando in francese; a maggior ragione se si parla italiano.

Potrete notare che molte persone hanno nomi francesi e cognomi italiani, come ad esempio Pascal Marchetti, o Paul Colombani. Ma, soprattutto tra i più giovani, sono diffusi anche nomi còrsi come Stefanu, Paulu o Urelianu.

6. Perché non provare una conversazione mista italiano-còrso?

Compru-In-Corsu-icona-300x300L’unica lingua ufficiale in Corsica, da lungo tempo, è il francese. L’inglese, ormai lingua internazionale anche del turismo, qui è meno conosciuto rispetto ad altre località d’Europa.

L’italiano è studiato in molte scuole medie e superiori, ed è conosciuto da molti. Potete provare a chiedere gentilmente se chi è di fronte a voi parla la vostra lingua.

Ma vi suggeriamo anche un altro esperimento, più originale: provare una conversazione mista italiano-còrso.

Le due lingue sono molto simili, anche se non identiche. Per alcuni italiani il còrso può presentare somiglianze ancor maggiori con la parlata della propria città, a seconda della regione da cui si proviene.

Per prima cosa dovete individuare chi parla la lingua còrsa. Purtroppo negli ultimi 20 anni il numero di abitanti in grado di parlare correntemente la lingua si è gradualmente ridotto e non è quindi automatico che la persona che avete di fronte sia in grado di farlo. Un sito web e la relativa app può essere molto utile in questo senso: si chiama Compru In Corsu, letteralmente “Compro in Còrso”. Visitando il sito o installando gratuitamente l’applicazione sul vostro telefono, potrete cercare negozi, bar, ristoranti, dove è certificato che i dipendenti parlino còrso. All’esterno dovreste anche vedere un logo con scritto “Quì si parla corsu!” L’interfaccia non è al momento disponibile in italiano, ma in còrso e francese.

Chiedete prima alla persona se potete “parlà talianu” e farvi rispondere “in corsu”. In caso di risposta affermativa, parlate scandendo bene le parole e non troppo velocemente e… buona conversazione 😉

In genere l’intercomprensione tra le due lingue è molto elevata. Volete prima sentire come suona il còrso? Provate ad ascoltare questa breve intervista al musicista Jean-Paul Poletti (grazie all’emittente France 3 Via Stella per la concessione) e verificate voi stessi quanto ne capite.

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Siamo giunti alla fine di questo articolo, che vuol essere solo un piccolo spunto per i tanti italiani che visitano l’isola. Qualche indicazione che ognuno deciderà come utilizzare. E forse potrà essere utile per riuscire a vedere, dietro la bellezza dell’isola di Corsica, la bellezza della sua storia e della sua gente.

 


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11 thoughts on “Turismo in Corsica, un approccio diverso per chi parla italiano”
  1. Per iniziare una conversazione mista in italiano-còrso, io di solito faccio così: dò del “voi”, perché in còrso non si usa il “lei”, che complicherebbe la comunicazione, e chiedo al mio interlocutore se CAPISCE l’italiano. Se la risposta è affermativa, continuo chiedendo se parla còrso e invitandolo a usarlo.
    Ricordo bene la sorpresa che provai vedendo che questa tecnica funzionava, la prima volta che andai in Corsica, una trentina d’anni fa. Avevo provato perché l’introduzione di Sabino Acquaviva alla mitica guida “Corsica” della CLUP, di Tullio Bagnati e Albano Marcarini, consigliava ai turisti italiani di provare a comunicare in italiano.
    Posso mettere un link? 🙂
    http://www.radiche.eu/zindex/zfile/umorismo/umorismo_combien.htm

  2. Personalmente, come italiana, non ho voglia di andare in Corsica. Si può venir fuori da ogni disgrazia, anche dall’invasione francese, ma non ho ancora ben capito quale sarebbe la ricetta dei Corsi se non quella di continuare a dire che sono Corsi. Mi pare che gli Istriani -che in fatto di disgrazie possono dar lezioni- abbiano sempre detto di essere Italiani (e abbiano pagato per questo). Se avessero detto invece che erano istriani e che l’Istria era una nazione, nessuno li avrebbe presi in considerazione, mentre qui in Italia ci sono tuttora varie associazioni ad essi dedicate che forse conteranno poco, ma sicuramente sul piano emotivo e ideale contano assai di più della tiritera dei Corsi che continuano a dire che sono Corsi. Senza contare l’affetto che la maggioranza degli Italiani ha per l’Istria, della cui Italianità perduta c’è piena consapevolezza perfino fra la gente di sinistra. Come studiosa del Risorgimento, a meno di non considerare Mazzini un falsario e Garibaldi un contafrottole, ritengo che questa piena consapevolezza ci fosse anche in Corsica. Se adesso non c’è più, mi dispiace tanto per i Corsi, i quali potranno continuare a dire che sono Corsi spacciando per lingua nazionale un dialetto italiano, ma ciò non cambierà la Storia.
    Cordialità
    Maria Cipriano

    1. Gentile Signora, ho letto con interesse la Sua opinione. Gli istriani che si consideravano italiani erano le persone che vivevano lungo le città della costa istriana e dalmata, mentre nell’entroterra, sui pianori della penisola istriana e lungo i pianori della Dalmazia non si parlava italiano ma sloveno e croato. Mi dispiace contraddirLa ma purtroppo è così. Il governo fascista cercò di italianizzare forzatamente queste popolazioni interne, come fece del resto con la popolazione tedescofona in Sudtirolo/Alto Adige e della Val Canale tra l’attuale Friuli e Slovenia. La distruzione della cultura e della lingua italiana in Istria e Dalmazia è dovuta a questo. Il resto sono chiacchiere.
      Gli istriani si sono sempre dichiarati italiani, in quanto si riconoscevano nel regno d’Italia e nelle sue istituzioni. Dubito fortemente che i corsi si riconoscano nel governo francese, e quindi si sentono corsi. Ribadisco che anche i sudtirolesi si sentono sudtirolesi, e non italiani, ma neanche austriaci!
      Sbaglia a non andare in Corsica ed a parlare con le persone. Le garantisco che avrebbe molto da imparare. Saluti.

      1. Da quando in qua i sudtirolesi non si sentono austriaci?
        Circa i Corsi, ribadisco quanto detto nel mio articolo, e cioè che il loro “splendido isolamento” è storicamente falso e non porterà a nulla.
        Circa gli Istriani e i Dalmati, ho scritto un articolo “il lume dei ricordi”, in cui cerco di spiegare la questione. In ogni modo non mi risulta che Pisino, Visinada, Montona, Pinguente, etc, siano sulle coste dell’Istria.
        Nè tantomeno mi risulta che l’entroterra della Dalmazia fosse popolato di croati, ma piuttosto di morlacchi e di cici, posto che la Dalmazia stessa, dal punto di vista etnico, era piuttosto multiforme.
        La storia della Serenissima, del resto, è alquanto chiara,
        ma certamente non può esserlo per chi spaccia Marco Polo (e non solo lui) per un croato.
        Più che dell’italianizzazione operata dal Fascismo in risposta a decenni di soprusi, violenze e atrocità slave contro gli italiani operate lungo tutto il corso del Risorgimento e dopo, parlerei piuttosto di slavizzazione forzata e di sostituzione etnica a danno degli italiani, il che è avvenuto molto prima dell’avvento del Fascismo. Senza contare che durante il Fascismo innumerevoli slavi si italianizzarono per conto proprio, e per esempio firmarono per l’annessione della Dalmazia interna all’Italia con in testa il sindaco di Knin, Niko Novakotic.
        Maria Cipriano

        1. Gentile Signora,
          ognuno ha le Sue opinioni e non mi metto certo a discuterle, tanto meno che l’oggetto dell’articolo è il turismo in Corsica e l’italiano. Le ribadisco che i sudtirolesi non si sentono austriaci, ma sudtirolesi con una loro identità distinta, certamente vicina a quella austriaca. E lo dico io che ho genitori sudtirolesi e sono di madrelingua tedesca. Pisino, Visinada, Montona, Pinguente sono i nomi italiani di località presenti nell’entroterra istriano. Certo, ma la popolazione locale, che non era SOLO italiana, li conosceva così? Anche Vipiteno, Silandro, Dobbiaco, Sluderno ecc. sono nomi italiani ma non certo presenti in un contesto “italiano”. Circa le atrocità, certo, ci furono in Istria e Dalmazia da entrambe le parti, ma, mi scusi, legga bene quanto scritto: “durante il Fascismo innumerevoli slavi si italianizzarono per conto proprio”. Quando ti impongono una lingua diversa dalla tua, ti vietano di parlare la propria lingua, traducono il tuo cognome in una lingua che non è la tua. non penso resti molto da fare, non è vero?
          Quanto alla Serenissima, ribadisco che il potere era sulla costa e su un’ampia striscia di territorio interno. Ma nei territori interni la lingua NON era italiano. Si parlava ANCHE italiano, ma la popolazione locale parlava lingue slave. Mai detto, del resto, che Marco Polo fosse croato, visto che era nato a Venezia. Come del resto non mi sognerei mai di dire che il famoso violinista e compositore Giuseppe Tartini (che era nato a Pirano) fosse stato italiano, o sloveno, bensì ISTRIANO.
          Saluti.

          1. Sì, come no, il suo sudtirolo è su un altro pianeta.
            Inoltre, in Istria e in Dalmazia tutti parlavano il veneto da mar, anche gli slavi immessi dall’Austria nel XIX° secolo.Ovvio che si parlava anche, ma in privato, qualche dialetto slavo. Peraltro, gli slavi della Serenissima erano fedelissimi sudditi del Doge, e non a caso il Risorgimento ne è pieno. Inoltre Pinguente, Visinada, Pisino, etc, lungi dall’essere dei semplici nomi,erano località abitate da una stragrante maggioranza di italiani. Per finire, non ho detto che è lei a credere che Marco Polo sia croato, ma sono i croati a dirlo, per giustificare in qualche modo l’appropriazione delle nostre terre. Infine, qualunque dalmata che non fosse un croato immesso dall’Austria nel XIX° secolo per contrastare il Risorgimento italiano, le avrebbe rispedito al mittente la definizione di “slavo”, o, peggio ancora, di croato. Guardi la carta geografica, e vedrà che Zagabria è assai distante dalla Dalmazia con cui non aveva niente a che vedere.
            Maria Ciprianol

          2. Gentile Signora,
            può darsi che su Istria e Dalmazia possa anche avere ragione, non mi reputo un esperto, riporto solo quanto studiato all’Università di Scienze Internazionali a Gorizia, può tranquillamente essere che professori italiani mi abbiano insegnato una storia dei Balcani completamente errata…..pur essendo esperti delle materie. In tal caso, mi scuso per la mia ignoranza.
            Ma sull’Alto Adige, Le consiglio caldamente di parlare con persone del luogo, di viverci e di ascoltare le persone. E le posso garantire che sono fiere di essere sudtirolesi, ma non le chiami austriache. Certo, l’Austria svolge un ruolo di protezione dell’Alto Adige, ma provi a chiamare un sudtirolese austriaco…..La stessa cosa la può vivere in Corsica, provi a chiamare un corso francese, o italiano. Vada a Solenzara, a Corte ecc. e parli con le persone, ed ascolti. Mi rendo conto che però ci vuole un pizzico di umiltà, e di tanta pazienza. E che la retorica lasci il tempo che trova. Saluti e, spero per Lei, buon viaggio.

          3. Grazie, signor Ivar. La mia prossima tappa saranno le Hawaii.
            Il cui Re, nel lontano 1864, andò a stringere la mano a Garibaldi a Caprera.
            Lei mi suggerisce di andare in Corsica a parlare con la gente. No,grazie. Non si ricordano nemmeno di aver partecipato attivamente al Risorgimento, cosa vuole che me ne importi di parlare con qualcuno che fa finta di non essere italiano per rimozione psicologica e altre complicanze di vario genere.
            Garibaldi fu molto chiaro in proposito. Guardando con tristezza alle coste della Corsica, disse: “Nizza e la Corsica non devono appartenere alla Francia, e verrà un giorno in cui l’Italia, conscia del suo valore, reclamerà le sue provincie che languono vergognosamente sotto dominazione straniera.”
            Ricambio i saluti
            Maria Cipriano

            Ps.: da giovane avevo un ragazzo altoatesino che non faceva che parlare dell’Austria, ma forse era di un universo parallelo.
            Circa la facoltà di Scienze internazionali di Gorizia, non mi meraviglio che le abbiano insegnato sui Balcani la versione politicamente corretta, mi meraviglierei del contrario.

          4. gentile signora,
            ho letto con interesse lo scambio di opinioni con Ivar1975. Credo che Lei abbia ragione sul fatto che i Corsi sbaglino nel non rivendicare la loro italianità ma bisogna comprendere che certe rivendicazioni possono essere strumentalmente equivocate da chi non vuole concedere neppure un minimo di autonomia. L’appartenenza a una nazione non va confusa con l’appartenenza ad uno Stato. I ticinesi sono di nazionalità italiana ma orgogliosamente svizzeri. Mentre l’appartenza dei giuliano dalmati agli stati ex jugoslavi è collegata a una tragedia storica che è andata contro il principio della autodeterminazione dei popoli. I Corsi, sono anch’essi di nazionalità o etnia italiana, ma hanno avuto una storia ancora diversa perché, a differenza dei giuliano dalmati, non hanno mai avuto un forte movimento irredentista forse, ma qui chiederei il parere di un Corso, per il diverso processo storico di assimilazione subito da parte dello stato francese, iniziato in epoca antecedente la nascita del concetto moderno si nazionalità e precedente al risorgimento. Un’assimilazione percepita credo, per ragioni di maggior affinità culturale, come meno ostica di quanto i giuliano dalmati percepissero la dominazione austroungarica e poi slava. Si aggiunga che la Corsica non ha mai fatto parte dello stato italiano il quale non ha mai favorito, se non in epoca fascista, un irredentismo corso. non credo poi che l’occupazione italiana abbia favorito il sentimento di italianità se non altro perché l’Italia la guerra l’ha presa malamente e i francesi non hanno mai perdonato quella che definiscono ‘pugnalata alle spalle ‘. È comprensibile quindi che, specialmente nel dopoguerra, i Corsi per rivendicare la loro nazionalità abbiano preso le distanze dalla loro italianità in quanto avrebbero prestato il fianco agli attacchi sciovinisti degli avversari dell’autonomia corsa, pronti a confondere l’italianità con l’irredentismo e questo con il fascismo e il collaborazionismo. Forse sarebbe il momento per i Corsi di riscoprire la loro italianità e la consapevolezza che il corso è un bel dialetto italiano ma che in Corsica, come nel resto degli Stati Italiani preunitari, la lingua ufficiale e letteraria era l’italiano. Se riuscissero a far comprendere che questo riconoscimento non implica necessariamente mutamenti geopolitici forse in Francia sarebbero riconosciuti finalmente come minoranza italiana. Credo però che la politica portata avanti dai nazionalisti Corsi sia dettata da un realismo che deve fare i conti con uno Stato centralista e con un nazionalismo francese che ha sempre dimostrato ben poca simpatia per gli italiani.

          5. Signor Saverio, leggo solo adesso il suo commento. Lasciando stare quel che è accaduto dopo la seconda guerra mondiale, cioè un vero e proprio rivolgimento degli animi dovuto alla sconfitta dell’Italia, tengo a precisare che l’Irredentismo non l’ha creato il Fascismo, per il semplice motivo che esso era la prosecuzione del Risorgimento. E infatti la Corsica era compresa nei territori da liberare tant’è che era pronto uno sbarco al comando di Nino Bixio, cui si rinunciò perchè il Re Vittorio non volle approfittare delle disgrazie di Napoleone III, duramente sconfitto a Sedan e fatto prigioniero dai Prussiani nel 1870. Allora era prioritaria la questione di Roma, e l’Europa non è che guardasse passivamente al nostro Risorgimento se questo rischiava di fare un’Italia troppo grande e dunque invisa alle potenze europee. I Corsi, checchè adesso abbiano rimosso l’argomento, parteciparono al Risorgimento italiano fin dall’inizio, e infatti lo sbarco era preparato nella previsione che lo volessero: non per nulla Mazzini, quando si recò in Corsica (che ospitò molti esuli italiani), attestò di persona, girando di paese in paese anche all’interno dell’isola, che tutti i Corsi volevano unirsi all’Italia al punto che la Carboneria vi aveva larga diffusione, e infatti nel programma della “Giovane Italia” quell’isola fu da lui compresa nei territori da liberare dallo straniero (uno straniero particolarmente odiato) e riunire alla madrepatria.

  3. Finalmente un’articolo scritto a regola d’arte ,da un vero giornalista imparziale e giusto .
    Scritto da un vero professionista del giornalismo

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