Con questo articolo comincia un viaggio alla scoperta dei bilinguismi ufficiali di diversi Paesi, per raffrontarli con la situazione della Corsica e poterne trarre spunti e modelli utili all’isola.

Siamo convinti che il primo e più importante modo per mantenere viva una lingua sia utilizzarla e trasmetterla alle generazioni successive. Ma siamo altrettanto convinti che le leggi e le politiche dei governi possano fare molto in favore (o a sfavore) di una lingua e della cultura che essa porta con sé. Soprattutto in un mondo globalizzato come quello di oggi.

I casi che tratteremo non necessariamente coincidono con quelli citati nella Carta europea delle lingue regionali e minoritarie del 1992 (inizialmente firmata ma mai ratificata dalla Francia) che pure mira a tutelare il plurilinguismo e la diversità linguistica in Europa.

La prima tappa del viaggio è in Italia, nella piccola regione della Valle d’Aosta, nel nord-ovest del Paese, ai confini con Francia e Svizzera. Qui vige il bilinguismo Italiano-Francese.

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Cenni storici

Dal 1032 i Savoia entrarono in possesso della Valle d’Aosta, inglobata prima nel Ducato di Savoia e poi nel Regno di Sardegna, e ne mantennero ininterrottamente il controllo, salve brevi parentesi francesi. All’epoca la valle era già a maggioranza linguistica francoprovenzale, tuttora lingua autoctona della zona. Il francese divenne lingua ufficiale della Valle d’Aosta nel 1561, sviluppando un bilinguismo francese-francoprovenzale: la prima lingua era quella dell’amministrazione e della Chiesa, mentre la seconda quella del popolo, frammentata in una moltitudine di dialetti. La toponomastica era in francese. Questa situazione è simile a quella della Corsica dalla dominazione pisana prima e genovese poi, fino alla Repubblica Corsa di Pasquale de Paoli, con l’italiano lingua scritta e amministrativa e il còrso nelle sue varianti come lingua quotidiana del popolo. Anche la toponomastica della Corsica era in italiano e non in còrso, e così è rimasta, fatta eccezione per le città di Isola Rossa e San Fiorenzo i cui nomi furono francesizzati.

Nel 1860 il Trattato di Torino cedette alla Francia la contea di Nizza e il Ducato di Savoia, mentre la Valle d’Aosta rimase al Regno di Sardegna, unica area di lingua francoprovenzale e cultura francese nel nascituro Stato unitario italiano. Il 17 marzo 1861 entrò a far parte del nuovo Regno d’Italia.

Negli anni ’30 e ’40 del 900 il Regime Fascista operò una politica di italianizzazione forzata, cancellando i nomi francesi dei comuni, vietando l’uso della lingua francese e favorendo l’immigrazione di forza lavoro da ogni parte d’Italia.

Dopo la sconfitta dell’Italia nella seconda guerra mondiale, la Francia annetté con la forza i comuni piemontesi di Briga (poi francesizzato in La Brigue) e Tenda (tende) e tentò di annettere anche la Valle d’Aosta. Prevalse invece la posizione filo-italiana della popolazione, ma il nuovo Stato italiano garantì con leggi del 1946, 1948 e 1994 sempre maggiori autonomie amministrative e garanzie linguistiche alla regione.

Situazione attuale

Oggi la Valle d’Aosta è la meno popolosa e meno densamente popolata delle 20 regioni della Repubblica italiana, contando circa 128.000 abitanti.

valdaosta-cartstrad-sÈ una regione autonoma, in cui vige il bilinguismo ufficiale italiano-francese. Questo nonostante meno dell’1% della popolazione (circa mille persone) si dichiari di madrelingua francese, il 16% francoprovenzale, e il 73% di madrelingua italiana, lingua conosciuta dal 97% della popolazione e di fatto lingua principale in tutti gli ambiti.

Secondo lo Statuto (Legge Costituzionale n. 4 del 26 febbraio 1948) all’art. 38 prevede che “Nella Valle d’Aosta la lingua francese è parificata a quella italiana. Gli atti pubblici possono essere redatti nell’una o nell’altra lingua, eccettuati i provvedimenti dell’autorità giudiziaria, i quali sono redatti in lingua italiana.” e l’art. 39 “Nelle scuole di ogni ordine e grado, dipendenti dalla Regione, all’insegnamento della lingua francese è dedicato un numero di ore settimanali pari a quello della lingua italiana. L’insegnamento di alcune materie può essere impartito in lingua francese.” Per quanto concerne le altre minoranze all’art. 40 bis si afferma che “Le popolazioni di lingua tedesca dei comuni della Valle del Lys individuati con legge regionale (Gressoney-La-Trinité, Gressoney-Saint-Jean, Issime, Gaby) hanno diritto alla salvaguardia delle proprie caratteristiche e tradizioni linguistiche e culturali. Alle popolazioni di cui al primo comma è garantito l’insegnamento della lingua tedesca nelle scuole attraverso gli opportuni adattamenti alle necessità locali.”valdaosta-pompieri-s

Anche i dialetti francoprovenzali (patois) sono oggetto di tutela da parte della Regione che cerca di preservarne il valore culturale tramite alcune iniziative come ad esempio concorsi di poesia.

I cartelli stradali e tutte le scritte pubbliche sono in doppia lingua italiano-francese, mentre la toponomastica è quasi esclusivamente in francese, fatta eccezione per la città di Aosta. La televisione pubblica italiana (Rai) trasmette notiziari e altri programmi in lingua francese.

L’autonomia non è solo linguistica ma anche economica, dato che i 9/10 di quasi tutti i tributi statali restano sul territorio.

Considerazioni

La storia di questa piccola regione montuosa italiana è diversa eppure straordinariamente simile a quella della Corsica.

La lingua autoctona della popolazione è da secoli il francoprovenzale e la lingua storica ufficiale il francese, così com’era in Corsica per il còrso e l’italiano. Così i nomi di luoghi e città, in francese nel primo caso, in italiano nel secondo. E la differenza che passa tra francoprovenzale e francese è uguale se non maggiore a quella tra la lingua còrsa e l’italiano.

La situazione attuale però, è tristemente molto diversa. In Valle d’Aosta il legame tra la lingua del popolo e la lingua colta di riferimento è stato mantenuto, fornendo alla prima una base e consentendo alla popolazione locale non solo di conservare la propria identità culturale, ma anche di accedere al mondo francofono con tutti i vantaggi che ne derivano.

In Corsica né l’italiano né il còrso godono di ufficialità, e il francese sta occupando sempre più spazi, erodendo quelli domestici un tempo occupati dalla lingua còrsa e avendo già da tempo soppiantato l’italiano in quelli pubblici. Lo stesso còrso si sta lentamente francesizzando, con vocaboli quali ad esempio a servietta che sostituiscono l’originario u tovagliolu.

Il confronto tra le due realtà  fa capire che il motivo di questa diversità è essenzialmente politico. Mentre lo Stato italiano repubblicano ha fatto ampie concessioni in termini di bilinguismo e autonomia amministrativa, quello francese ha portato avanti per decenni una politica di centralismo e assimilazione, che ha avuto come fulcro iniziale lo spezzare il legame tra la lingua còrsa e la sua lingua culturale di riferimento, l’italiano. Annegato in un ambiente linguistico completamente francofono, peggiorato dall’immigrazione di personi di sola madrelingua francese o araba, il còrso si sta lentamente snaturando ed estinguendo. Le classi bilingui nelle scuole faticano a prendere piede, tanto che sempre più spesso rischiano la soppressione per mancanza di iscritti. Pochi giorni fa una eletta all’Assemblea di Corsica, Josepha Giacometti, è stata derisa da parte del pubblico per aver risposto all’appello in lingua còrsa. I cittadini, le associazioni e la politica devono muoversi in fretta ed elaborare strategie efficaci in tempi rapidi. E queste strategie a nostro avviso dovrebbero comprendere il riannodare i fili tra la lingua còrsa e quella italiana, così come il francoprovenzale ha potuto fare con il francese.

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