Corte europea boccia il “trilinguismo”: lingue Ue hanno pari dignità

La Corte europea di giustizia di Lussemburgo ha decretato una importante vittoria di Italia e Spagna nella difesa dell’uso delle lingue di Dante e di Cervantes in Europa e un colpo al trilinguismo “inglese-francese-tedesco” imposto di fatto dalla Commissione europea negli ultimi dieci anni.

I giudici hanno infatti annullato tre concorsi per assunzioni nelle istituzioni europee perché l’apposito organismo comunitario Epso aveva imposto la conoscenza di francese, inglese o tedesco come seconda lingua e come idioma di comunicazione durante la procedura di selezione.

La sentenza parla esplicitamente di “discriminazione” verso i candidati alle assunzioni di Stati che parlano lingue diverse. Ha vinto il principio sostenuto dai governi di Roma e Madrid che tutti i cittadini dell’Unione europea devono poter dialogare con le istituzioni nella loro lingua madre.

Esce sconfitta la Commissione europea, che da oltre un decennio punta a privilegiare il francese e il tedesco, su pressione di Francia e Germania, a fianco dell’inglese, che resta la principale lingua di comunicazione internazionale anche nelle istituzioni europee. Già nel 2013 la Corte aveva annullato dei bandi di concorso perché non tradotti in italiano ed altre lingue dell’Unione.

Il Tribunale comunitario ha richiamato il principio dell’Unione che stabilisce il regime linguistico della comunità europea garantendo pari dignità e trattamento a tutte le 24 lingue ufficiali dei 28 Paesi membri. Ha inoltre dichiarato l’obbligo di scelta di una delle tre lingue non oggettivamente giustificato, né proporzionato all’obiettivo della Commissione, ossia assumere funzionari e agenti che siano immediatamente operativi.

Quanto all’obbligo per i candidati di scegliere il francese, l’inglese o il tedesco come seconda lingua per i concorsi il Tribunale ricorda nuovamente la giurisprudenza della Corte secondo cui una limitazione della scelta ad un numero ristretto di lingue costituisce una discriminazione. È infatti evidente che un obbligo siffatto consente di avvantaggiare alcuni candidati potenziali (vale a dire quelli che possiedono una conoscenza soddisfacente di almeno una delle lingue designate), in quanto costoro possono partecipare al concorso ed essere così assunti come funzionari o agenti dell’Unione, mentre gli altri, che tale conoscenza non possiedono, sono esclusi.

Così come in altri importanti temi di dimensione europea, come quello dei profughi sotto i riflettori in questi giorni, e che interessa anche la Corsica, anche quello linguistico vede sempre più i singoli Paesi membri in lotta tra loro per affermare una propria supremazia o difendere posizioni conquistate in passato a discapito di un progetto d’insieme.

Forse questa sentenza è un piccolo passo importante per ripristinare il rispetto di quanto l’Unione ha da sempre stabilito: pari dignità a tutte le lingue ufficiali e tutela delle lingue regionali e minoritarie.

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Fonti: Corriere della Sera – Metro

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