Il sistema spagnolo delle autonomie, dove le regioni sono nate “dal basso”

By Redazione Ago 16, 2016 #autonomismo #spagna

I Paesi Baschi, la Catalogna e le Isole Baleari, tre delle 17 comunità autonome in cui è suddiviso lo Stato spagnolo, hanno legami politici particolari con la Corsica: le prime perché hanno movimenti indipendentisti che intrattengono legami storici con quelli còrsi, l’ultima perché è direttamente coinvolta nel progetto di euroregione con Sardegna e Corsica.

La situazione in Spagna riguardo le autonomie, si sa, è totalmente diversa da quella francese, che prevede poteri molto limitati per le amministrazioni locali, soprattutto nella Francia metropolitana. Ma ciò che forse è meno noto è come si è originato e come si sta evolvendo il sistema spagnolo delle autonomie.

comunidadesautonomasespana

Nato con la costituzione del 1978 per meglio rispettare la storia di Spagna e dei vari regni che la formarono, esso presenta un approccio molto diverso da quello della maggior parte degli Stati nazionali, che stabiliscono quali sono le regioni che possono avere un determinato grado di autonomia (pensiamo ad esempio alle regioni e alle province autonome italiane come Val d’Aosta, Friuli Venezia Giulia o Alto Adige). Il sistema spagnolo invece non indica quali sono le regioni in cui si ripartisce lo Stato, né le istituisce, ma si limita solamente a prevedere il procedimento attraverso il quale le province possono, se vogliono, accedere all’autonomia politica e organizzarsi in Comunità Autonome, e  le competenze che le comunità autonome una volta costituitesi possono avere. L’autonomia politica è riconosciuta como un diritto all’autogoverno, che le regioni potevano esercitare o meno.

Entro il 1983 tutte le province spagnole scelsero di avvalersi di questo diritto, e l’intero territorio nazionale risulta da quel momento suddiviso in comunità autonome. Le comunità, seguendo alcune indicazioni costituzionali che specificano le competenze esclusive dello Stato e quelle invece disponibili, scrivono il proprio Statuto, che è di fatto una “semi-costituzione”, la vera legge fondante della Comunità. Lo Statuto deve essere comunque approvata dal Parlamento spagnolo. Dal momento dell’approvazione, però, non potrà essere modificata senza il consenso della Comunità stessa.

Ogni Comunità autonoma ha:

  • Un’assemblea regionale unicamerale eletta a suffragio universale, con la potestà legislativa e le funzioni finanziaria e di controllo del governo regionale.
  • Un esecutivo regionale, formato dal Presidente della regione e dai consiglieri, responsabile di fronte a Parlamento, e con poteri esecutivi. Al Presidente spetta la direzione del Consiglio di Governo, la suprema rappresentanza della Comunità e l’ordinaria rappresentanza dello Stato in essa.
  • L’amministrazione pubblica regionale.
  • Una sede del tribunale superiore di giustizia, benché le Comunità non possiedano un proprio potere giudiziario che resta competenza esclusiva dello Stato.

La Corte costituzionale è l’organo che dirime le controversie tra lo Stato centrale e le Comunità autonome, che però non hanno potere di eleggerne i membri.

Oggi quasi tutte le Comunità esercitano gli stessi diritti, tranne alcuni che sono in uso solo a certe Comunità, come ad esempio la coufficialità della lingua locale (Paesi Baschi, Catalogna, Galizia, Navarra, Comunità Valenciana, Baleari),  la presenza di un codice di diritto civile speciale o una polizia autonoma.

Approfondiremo in futuri articoli del ciclo “Bilinguismi a confronto” la situazione linguistica delle Comunità autonome spagnole, ma alcune di esse sono molto attive in quanto a politiche linguistiche. Ad esempio la Catalogna approvò un sistema di incentivazione per i giudici dei tribunali di diritto civile speciale perché avessero benefici di carriera se apprendevano o conoscevano la lingua catalana. La norma fece discutere, ma fu approvata dalla suprema corte spagnola perché di fatto non impediva l’accesso alla professione a chi non parlava catalano.

La Corte o il Parlamento centrale hanno invece bocciato altri tentativi di riforma dello Statuto d’Autonomia, ad esempio quello dei Paesi Baschi a fine anni ’90, che era di fatto un progetto secessionista perché prevedeva l’istituzione di una “nazione basca liberamente associata alla Spagna”. La Catalogna, dopo le ultime elezioni regionali, ha intrapreso un processo che a detta dei leader dell’attuale maggioranza vuole portare a una unilaterale dichiarazione d’indipendenza, contraria all’indissolubilità dello Stato spagnolo prevista dalla costituzione.

Al di là di queste due regioni storiche a maggiore vocazione autonomista ed indipendentista, anche le altre Comunità portano avanti richieste di riforma degli Statuti, per avere ad esempio autonomia in materia fiscale e giudiziaria, e che se accompagnati da una riforma costituzionale potrebbero trasformare la Spagna in un paese compiutamente federale.

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Fonte: “Esperienze e prospettive del regionalismo in Spagna” di Emilia Girón Reguera, prof.ssa Università di Cadice

Immagine: wikicommons – Copertina: LibertadDigital.com

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