Un numeroso gruppo di liceali giunti dalla Sicilia per visitare Trieste ed un pubblico molto interessato, sabato 8 aprile erano presenti nella Sala Maggiore della Camera di Commercio della Venezia Giulia per assistere ad un Convegno dal titolo Il Trattato di Pace, settant’ anni dopo. Aspetti giuridici, politici e diplomatici. Gli aderenti elencati nell’ invito erano tutti presenti fatta eccezione di D. Rupel, già Ministro degli affari esteri della Repubblica di Slovenia, per impegni sopravvenuti. Al suo posto era stato invitato il gen. S. Mazzaroli. Dopo le presentazioni e una breve introduzione era seguita una esauriente lezione di storia tenuta da S. Pilotto rivolta a tutti i presenti ma soprattutto agli studenti siciliani. Dopo i preliminari i conferenzieri sembravano in attesa di quelle che sarebbero state le diverse risposte ad un fondamentale quesito. Il protocollo della Pace era stato un documento punitivo oppure equo ? Fino a poco tempo fa, l’ argomento sarebbe stato improponibile. Trascorsi 70 anni, era stato accettato anche se ogni oratore che era intervenuto, dopo avere sottolineato la propria diversità politico culturale, non aveva indotto a far scaturire quelle “asperità”, alle quali si era abituati. Sembrava che avessero concordato di dare con parole diverse, un’unica risposta: il 10 febbraio 1947 era stato firmato un diktat punitivo. Per la complessità dell’argomento svolto era probabile che gli intervenuti avessero deciso di soprassedere sulla Conferenza per la Pace di Parigi, costituita dai fondamentali incontri preliminari avvenuti tra il 29 luglio e il 15 ottobre 1946, in cui si era discusso e deciso il futuro degli Stati perdenti. Nell’incontro dell’ 8 aprile si dovevano svolgere temi riguardanti la sorte del confine orientale della Repubblica Italiana ed il conseguente Esodo della popolazione italiana e non comunista. Dopo aver concordato che si era trattato di un diktat si era passati ad un altro argomento sempre dibattuto e mai risolto, si trattava della notevole differenza di numeri, dei Profughi Giuliano Dalmati registrati dall’Italia e quelli dalla Jugoslavia. Accertato che non erano state enumerate le singole persone e quelle famiglie che erano riparate in Italia già durante il 1944 e successivamente dal 19-20 aprile al 1° maggio1945, date in cui le truppe di Tito erano entrate a Zara, occupato Fiume, le isole del Quarnero e raggiunte Trieste e Gorizia. Gli apparati burocratici Italiani , avevano già iniziato a registrare i cittadini che arrivavano dai territori occupati mentre la Jugoslavia aveva cominciato ad interessarsi del problema dopo quando, entrato in vigore il Trattato di Pace cominciavano a venire presentate dai residenti le domande di Opzione, per conservare la cittadinanza Italiana. Se la domanda veniva accettata, gli optanti avevano un anno di tempo per abbandonare la propria residenza e raggiungere l’Italia. A questo punto i conferenzieri, senza addivenire a degli scontri verbali dovuti alla considerevole differenza tra i 350.000 Profughi enumerati dall’ Italia ed i 120.000 dalla Jugoslavia avevano cercato di risolvere questo enigma. Pur riconoscendo che potevano esserci stati degli errori involontari, la differenza era dovuta a due diversi modi di contabilizzare, l’Italia aveva contato le “persone” ( 350.000) mentre, la Jugoslavia i “nuclei familiari” che avevano presentato la domanda di Opzione (120.000). Chiarita, almeno in parte, la differenza tra i numeri si era passati a considerare le conseguenze dell’ Esodo nella RFPJ (Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia) che, per necessità di far funzionare i servizi pubblici e le industrie, era staa obbligata a rimpiazzare il “vuoto” lasciato dalla “classe di mezzo” nella quale erano compresi i piccoli proprietari terrieri. La soluzione era stata, ricorrere allo spostamento di gente a spostarsi dalla penisola Balcanica. Concluso l’ incontro, i giovani studenti avevano commentato, “non hanno parlato sufficientemente della gente”. Meraviglia che non si sia accennato al ministro degli Esteri italiano, conte Carlo Sforza che aveva delegato il diplomatico Antonio Meli Lupi di Soragna Tarasconi a firmare il protocollo del Trattato di Parigi. Non accennando al firmatario forse, si era voluto sottolineare che si era trattato proprio di un diktat che aveva interessato Italia – Francia ed il confine occidentale, Italia – SFTJ nata il 29 novembre 1945 ed il confine orientale. In conclusione erano state perdute: la Dalmazia e gran parte della Venezia Giulia con le città di Pola e Fiume mentre, Gorizia veniva divisa dal confine. Tra interessi piuttosto confusi, nasceva la Zona A amministrata dagli Angloamericani e la Zona B dalla Jugoslavia, ambedue osservate con distratta attenzione delle Nazioni Unite.
Intanto dal 12 giugno 1945 Trieste, con il suo minuscolo territorio, staccata dall’ Italia, era retta dal G.M.A. (Governo Militare Alleato), di fatto era diventata una Zona Britannico – Statunitense, denominata TLT- BUSZ – FTT (Territorio Libero di Trieste – British United States Zone – Free Territory of Trieste).
Dopo i moti del 1953, il 26 ottobre 1954 Trieste ritornava all’ Italia. Ma le punizioni non erano ancora terminate, con l’oscuro Trattato di Osimo del 10 novembre 1975 ( ratificato appena il 14 marzo 1977) la Zona B veniva ufficialmente ceduta a quella Jugoslavia che si sarebbe dissolta nel 1992. Queste sono pagine ancora da analizzare, altre complesse inspiegabili pagine di storia prodotte dalla politica di qualità incerta che aveva fatto da padrona per un notevole arco di tempo e che, attendendo ancora qualche decennio, i futuri giovani studenti dovranno prima studiare e forse comprendere. Il 2017 è ancora troppo prossimo a questi fatti ritenuti ancora troppo recenti. In chiusura una raccomandazione consigliata da L. Gaiser, il più giovane degli intervenuti. Cittadino del mondo per nascita e cultura (Slovenia, Austria, Italia, Germania, Stati Uniti), si era rivolto agli studenti da globalista convinto invitandoli a non soffermarsi sui localismi ma di ampliare l’ orizzonte guardando il mondo, pronto ad offrire il futuro.
Gianna Duda Marinelli
Autrice triestina, nota studiosa esule dall'isola di Cherso (Cres), da lungo tempo s'interessa ai temi dell'Istria, di Fiume, della Dalmazia, e ha favorito di persona incontri e amicizie tra persone di queste terre.